Il Santuario della Madonna di San Luca è un santuario dedicato al culto di Maria, che trova sede sul Colle della Guardia, a circa 300 metri a Sud-Ovest dal centro di Bologna. L’importanza del santuario è direttamente proporzionale alla fama dell’icona che esso custodisce; un dipinto attribuito, secondo la tradizione cristiana, proprio a San Luca.
Come spesso accade quando s’ha da trattare di argomenti dalla forte matrice religiosa, anche nel caso del santuario bolognese ci si imbatte nella consueta miscela di storia e leggenda, che ha fortemente contribuito a determinare il suo successo e lo ha consacrato come uno degli edifici dal più alto valore religioso-culturale di tutta Bologna.
Come specificato sin dalla premessa, il Santuario di San Luca (così come praticamente tutti i luoghi sacri ad una qualche religione) ha beneficiato enormemente delle numerose speculazioni sorte attorno alla sua storia, partendo proprio dalla sua edificazione. Non c’è quindi da stupirsi se l’aura di leggenda che lo avviluppa sia cresciuta sempre più col passare dei secoli, e sia stata arricchita di volta in volta da sfumature più dettagliate e particolari sempre nuovi, da parte di chi si occupava di trattarne le origini.
La leggenda vuole che un pellegrino greco (tale Teocle Kmnya o Kamnia, secondo un falso documento stilato da don Carlo Antonio Baroni nel XVII secolo), in seguito ad un viaggio a Costantinopoli, abbia ivi ricevuto un dipinto attribuito a Luca evangelista, proprio dalle mani dei sacerdoti della basilica di Santa Sofia. Quel dipinto sarebbe stato niente meno che la Madonna col Bambino, l’icona a cui il santuario deve il suo successo.
Il compito di tale Teocle sarebbe stato quello di portare il dipinto sul Monte della Guardia, come da istruzioni fornite da un’iscrizione sull’icona stessa. Il pellegrino avrebbe accettato di buon grado il compito affidatogli, partendo prontamente alla volta dell’Italia, alla ricerca di quella meta sconosciuta. Solo una volta giunto a Roma il senatore Pascipovero, di origini bolognesi, gli avrebbe riferito che quel monte si trovava proprio nella sua città natale.
Così Teocle sarebbe arrivato a Bologna, ricevendo peraltro una caldissima accoglienza da parte delle autorità cittadine, per portare il dipinto sul colle ove le istruzioni in esso contenute lo avrebbero voluto.
Il primo ad offrire una datazione precisa di questa storia fu Leandro Aliberti, che nel suo Cronichetta della gloriosa Madonna di San Luca del Monte della Guardia di Bologna indicò il 1160 come l’anno d’arrivo dell’icona nella città emiliana. Circa sessant’anni più tardi, nel 1603, la scrittrice veneziana Lucrezia Marinelli battezzò invece il fantomatico pellegrino con il nome di “Eutimio“, nella sua raccolta di rime sacre.
Un anno più tardi fu la volta di frate Tommaso Ferrari, che si premurò di specificare che, a suo dire, non fosse stato il pellegrino in persona a portare l’icona in processione sul monte, bensì il più eminente vescovo di Bologna Gerardo Grassi.
In ultima decise di intervenire anche il già citato don Carlo Antonio Baroni, che in un falso documento datato 8 Maggio 1160 (ed ovviamente da egli stesso non solo stilato, ma finanche spacciato per vero) si affrettò a correggere ed arricchire le versioni precedenti: il vescovo Grassi avrebbe consegnato l’icona alle due figlie di Rambertino Guezi, tali Azzolina e Beatrice, fondatrici nel 1143 di una piccola cappella dedicata a San Luca e situata sul Colle della Guardia.
Tutto questo è però frutto di un articolato telefono senza fili, dilazionato nel tempo ed in cui ognuno ha preteso di dire la propria, alla meglio; di faziose speculazioni storiche e documenti falsi alla peggio.
In realtà, però, qualche documento che sembra attestare cosa sia effettivamente successo con riscontri storici positivi esiste. Queste carte raccontano tutt’altra storia, nello specifico quella di Angelica Bonfantini, figlia di Gheraro Guezi e Caicle di Bonfantino.
Angelica, in un documento datato 30 Luglio 1192, prese la decisione di darsi all’eremitismo sul Monte della Guardia, con l’intenzione di costruirvi un oratorio ed una chiesa. Ella avrebbe donato ai canonici di Santa Maria in Reno i propri possedimenti terrieri ubicati sul monte, riservandosi tuttavia i diritti di rendita ed usufrutto sia per quelle proprietà, sia per tutti i beni che avrebbe ricevuto in dono dalle offerte. In cambio, la congregazione si sarebbe presa l’impegno di aiutare direttamente la donna nella costruzione della chiesa. Una inusuale versione del sogno americano insomma, visto da una prospettiva prettamente religiosa.
Così fu infatti, e l’anno seguente Papa Celestino III, in un documento ufficiale datato 24 Agosto 1193, diede ordine al vescovo di Bologna Gerardo di Gisla di porre la prima pietra della nuova chiesa voluta da Angelica, una pietra peraltro che il pontefice stesso di premurò di benedire, e far trasportare in seguito da Roma a Bologna.
Il sodalizio fra Angelica ed i canonici renani non fu tuttavia rose e fiori, poiché questi ultimi si rifiutarono a più riprese di ottemperare agli accordi presi al momento dell’atto di donazione del 1192, costringendo Papa Celestino III a recarsi per ben sette volte a Bologna, nel tentativo di pacificare le parti e far ottenere alla donna ciò che, di fatto, era stabilito come suo diritto al momento della firma.
Ma non ci fu verso di far desistere i renani, e nemmeno una bolla papale che richiamava il vescovo di Bologna e l’abate del Convento dei Santi Naborre e Felice a portare i renani all’obbedienza, servì a molto: i Canonici di Santa Maria in Reno, grazie soprattutto agli appoggi di cui godeva all’interno della curia romana, riuscì ad eludere ancora una volta la legge per via di una serie di cavilli giuridici.
Ciò su cui battevano i renani per non concedere ad Angelica lo sfruttamento economico dei terreni sul colle, era il suo status di canonichessa; in quanto tale ella avrebbe dovuto subordinarsi ciecamente alle decisioni della congregazione, a prescindere da ciò che fosse scritto sui documenti. Per tale ragione anche quando il Papa, in una nuova bolla del 20 Novembre 1197, prese sotto la sua protezione la chiesa e la persona di Angelica con tutti i suoi relativi beni, la questione rimase aperta poiché esse appartenevano ancora al ramo femminile dei canonici renani.
Fu Papa Innocenzo III a tagliare la testa al toro, dopo la morte di Celestino III sopraggiunta l’8 Gennaio 1198. Il nuovo pontefice stabilì che l’accordo di Angelica con i renani era da considerarsi come una promessa, e non come professione religiosa. Con questa mossa, degna dei migliori strateghi politici, Innocenzo III mise i renani con le spalle al muro, ed essi non poterono fare altro che concedere definitivamente i terreni, la chiesa ed i relativi diritti ad Angelica. Ciò accadde precisamente il 13 Marzo 1206.
In seguito alla morte della donna, attorno al 1244, il cardinale Ottaviano Ubaldini affidò la chiesa (e consequenzialmente lo sfruttamento dei terreni e dei relativi diritti) ad alcune monache agostiniane. Successivamente la chiesa venne assoggettata al monastero di San Mattia, costruito nel 1376.
Ma è nel 1433 che la chiesa troverà la sua definitiva consacrazione, quando le piogge iniziarono a flagellare i campi incessantemente, da Aprile fino a Giugno. I raccolti erano a serio rischio, e se le precipitazioni fossero perdurate, sarebbe con ogni probabilità esplosa una fortissima carestia. Fu così che Graziolo Accarisi, dottore in legge nonché membro eminente del governo di Bologna, propose di organizzare una processione con in testa l’immagine mariana della Madonna della Guardia, che si diceva essere stata dipinta proprio da San Luca (in maniera analoga ai costumi fiorentini, che in occasione di particolari calamità erano soliti fare lo stesso con la Madonna dell’Impruneta).
Tutti furono concordi, ed in seguito alla processione, il 5 Luglio 1433, le piogge torrenziali cessarono, scongiurando finalmente il rischio di mandare a male i raccolti.
Per commemorare quello che passò poi alle cronache come il miracolo della pioggia, fu stabilito che da quel giorno in poi si sarebbe dovuta ripetere la processione, con cadenza annuale. Ed è proprio ciò che successe, tanto che questa tradizionale processione è sopravvissuta fino ai giorni nostri.
Attualmente il Santuario di San Luca è il risultato degli interventi decisi nel 1723, che vollero la distruzione della vecchia cappella e la costruzione di una nuova, e dei successivi lavori di ristrutturazione e restaurazione. E’ caratterizzato da uno stile barocco, e tra le opere che si possono trovare al suo interno, vi sono le pale d’altare di Donato Creti, Guido Reni, Guercino e Domenico Pestrini.
Oltre al Santuario di San Luca, fra i vari edifici religiosi di Bologna, potrete visitare la Basilica di San Petronio e la Basilica di Santo Stefano.
Come arrivare al Santuario di San Luca
Potrete trovare il Santuario di San Luca all’indirizzo Via di San Luca, 36 – 40135 Bologna (BO), ed è possibile arrivarci in autobus ed in automobile. Per quel che riguarda i bus, dalla fermata Villa Spada parte il minibus privato Cosepuri che conduce al santuario, mentre le uscite della tangenziale più vicine sono la numero 1 e 2, direzione centro.
Orari
E’ possibile visitare il Santuario di San Luca secondo la seguente tabella oraria:
Giorni feriali
Da Novembre a Febbraio: aperto dalle 6:30 alle 12:30, e dalle 14:30 alle 17:00
Da Marzo ad Ottobre: aperto dalle 6:30 alle 12:30, e dalle 14:30 alle 19:00
Giorni festivi
Da Novembre a Febbraio: aperto dalle 7:00 alle 12:30, e dalle 14:30 alle 17:00
Da Marzo ad Ottobre: aperto dalle 7:00 alle 12:30, e dalle 14:30 alle 19:00
Nel corso di funzioni religiose la visita turistica potrebbe essere limitata o sospesa, consultare la Curia Arcivescovile per maggiori informazioni, il cui recapito telefonico è disponibile nella sezione “contatti”.
Contatti
Telefono: 051 6142339
Sito web: https://www.sanlucabo.org/index.html
Telefono Curia Arcivescovile: 051 6480611