È mattina presto di un giugno che promette tempo stabile e soleggiato. Caricare gli zaini in macchina, accendere il navigatore, regolare la cintura, sono gesti solo in apparenza normali prima di un viaggio. In questo giugno 2020 la normalità va riconquistata ed è proprio con questo intento che scelgo l’Umbria tra le possibili mete.
Cinquecento e più chilometri di asfalto volano via portandomi nel cuore di Norcia, la prima tappa. È una piccola città, deliziosamente circondata dal rilassante paesaggio dell’Appennino umbro-marchigiano, ai piedi dei Monti Sibillini. Grande è il patrimonio storico-artistico, lo si respira appena messo piede nella piazza principale del borgo, piazza San Benedetto con la statua del santo patrono della città, il palazzo comunale, la basilica. Quello però a cui non ero preparata, pur conoscendo bene e in dettaglio l’evento, è stato vedere quanto le ferite del terremoto del 2016 siano ancora tristemente aperte.
Le impalcature che sorreggono la basilica lasciando intravedere la facciata, parte delle mura e del campanile, sono lì a ricordarlo così come i negozi chiusi, le saracinesche abbassate, gli edifici più o meno puntellati. Lascio la piazza e, seguendo il flusso dei “nursini” (abitanti di Norcia), mi ritrovo nella città “fuori dalla città”. Tante casette di legno ospitano le attività commerciali sfrattate dal terremoto. Un po' dappertutto tavolini e panche ricordano che salumi, formaggi e vini sono una prelibatezza da non lascarsi sfuggire.
Gente fiera, gli umbri, che ha imparare a convivere con un territorio difficile eppure amato. La prima tappa del viaggio si è conclusa in questa città improvvisata, gustando prodotti locali innaffiati da un’ottima birra artigianale. Nell’attesa che la pietra di case, negozi e chiese possa tornare a sorreggersi da sé ospitando nuovamente abitanti e turisti.
Il secondo giorno di viaggio è dedicato a Cascia, borgo natale di Santa Rita. Si trova al confine con la provincia di Reti nel Lazio, a circa 650 metri di altezza. Per essere precisi, Santa Rita nasce nella frazione di Roccaporena (nel 1371) dove è possibile visitare la casa nella quale viveva con i genitori. Suggestivo attraversare la stanze arredate con mobili e oggetti di vita comune e respirare il clima dell’epoca.
A Roccaporena si trova anche lo scoglio sul quale, secondo tradizione, la santa si recava in preghiera. Sono tuttora visibili i solchi delle ginocchia e dei gomiti. Cascia accoglie con la calda atmosfera che si respira nei luoghi senza tempo.
Luoghi dove tutto sembra al posto giusto, dove natura e cemento convivono tanto bene da sembrare una cosa sola. C’è tutto quello che serve per stare bene. Ecco perché, forse, gli abitanti resistono con coraggio ai terremoti che da sempre abitano queste zone.
La prima chiesa che incontro entrando nel borgo è quella di San Francesco d’Assisi, riconoscibile da un grande rosone nel centro della facciata. È fin troppo facile abbandonarsi alla quiete e risalire con calma le stradine che conducono al santuario e al monastero di Santa Rita, non sento il bisogno di controllare l’ora e nemmeno il cellulare.
La facciata del santuario acceca con il suo candore che scopro essere marmo travertino di Tivoli. Sul portale d’ingresso vi sono bassorilievi che immortalano episodi di vita della santa. Mi concedo un pasto frugale ad un orario non ben precisato e prima del rientro a Norcia, mi perdo nella foresta di Tazzo, un ettaro o poco meno di querce secolari, fitta vegetazione e fauna in pieno fermento.
Il terzo e ultimo giorno di viaggio è dedicato ad un luogo incantato: Castelluccio di Norcia e la sua fioritura.
L’ho conosciuto quando ancora era tutto intero. Ho mangiato il miglior panino con la salamella di sempre. Oggi Castelluccio è ciò che è sopravvissuto alla scossa di terremoto dell’agosto 2016.
Se il borgo non ha potuto opporre resistenza alla forza della natura, diverso è il discorso per la splendida fioritura che tinge con suggestive pennellate di colore il Pian Grande e il Pian Perduto tra la fine maggio e la metà di luglio.
Ho imparato a distinguere con una certa precisione la senape selvatica e i papaveri, la camomilla e lo specchio di Venere, il fiordaliso, le genzianelle, i narcisi e le violette, i ranuncoli e naturalmente lei, la lenticchia di Castelluccio.
Rimanere semplicemente fermi in un qualsiasi angolo del vasto altopiano nel parco nazionale del Monti Sibillini e lasciare che la vista spazi tra i colori della fioritura, le vette delle montagne, il borgo, è un’esperienza sensoriale imperdibile. Solo quando il vento si fa più teso e l’aria fredda ricorda di essere a 1.400 metri, mi distraggo il tempo di infilarmi la giacca, poi la fioritura mi rapisce ancora.
Il rientro a casa è particolarmente difficile. Non si tratta solo della consueta tristezza per il termine di una vacanza, è qualcosa di più. È la consapevolezza di aver visto l’Umbria con le ferite aperte lasciate da una natura che sa essere magnanima e terribile insieme. Dobbiamo imparare a conviverci ma ancor più dobbiamo imparare a rispettarla e rispettare il territorio sul quale posiamo le nostre pietre.
Come ho già avuto modo di dire, amo questa regione per la sua calma accoglienza. Trovo terapeutico visitare i suoi borghi, camminare senza fretta nella natura, respirare ospitalità. A misura d’uomo. È ricca di arte e storia, di chiese e monumenti, di boschi e montagne e, naturalmente, di prodotti enogastronomici d’eccellenza.
Quello che non mi è piaciuto è considerare come, nel 2020 e a di distanza di 4 anni, le condizioni delle aree colpite dal terremoto siano ancora quelle di vivere in casette prefabbricate di legno. Quando va bene si vedono impalcature, in altri casi ho visto borghi devastati, come se il terremoto fosse appena avvenuto.
Se si hanno tre o quattro giorni a disposizione, consiglio di non farsi mancare Norcia, Cascia e la frazione di Roccaporena. Avendo più tempo è possibile aggiungere qualche tappa in Valnerina, dalla piana di Castelluccio alla cascata delle Marmore. Se si vuole visitare in occasione della fioritura di Castelluccio, consiglio di verificare le condizioni meteo della stagione che potrebbero farla anticipare o ritardare. In ogni caso va considerato l’afflusso di norma alto di turisti.