Carloforte è l'unico comune situato sull'Isola di San Pietro, in Sardegna, è molto conosciuta per l'antica tradizione della mattanza del tonno rosso, il tonno più pregiato del mondo. L'isola è raggiungibile con il traghetto sia dall'Isola di Sant'Antioco che da Porto Vesme, situato in Sardegna in provincia di Carbonia-Iglesias.
Nonostante sull'Isola di San Pietro ci siano testominianze dell'insediamento dell'uomo sin dalla Preistoria, con successivi insediamenti di fenici, greci e punici, la storia di Carloforte è abbastanza recente in quanto ha poco più di 300 anni, infatti l'isola, dopo essere stata disabitata per secoli, fu donata ai tabarchini da re Carlo Emanuele III di Savoia nel 1738. I tabarchini che vi si insediarono chimarono il loro nuovo paese Carloforte (Forte di Carlo) proprio in onore del re. Oggi è un comune onorario della città metropolitana di Genova e il dialetto che vi si parla è il tabarkino, l'antico genovese.
Carloforte era circondata totalmente da una cinta muraria, di cui oggi ne rimane sono una parte poichè è stata quasi totalmente demolita per permettere l'ampliamento del centro abitato originario. Le torri rimaste in piedi sono tre ed ormai è visibile solo una porta d'accesso, la Porta del Leone.
Per capire bene la storia di Carloforte è consigliatissima una visita al museo, l'entrata è di 3 euro a persona e la nostra guida è stata bravissima e simpaticissima, pronta a raccontare la storia del suo paese e a rispondere a qualsiasi domanda. Inoltre, è proprio al museo che ci hanno spiegato quali erano le attività economiche e redditizie dei carfortini, ovvero l'inscatolamento del pregiato tonno rosso, la costruzione navale e l'estrazione della galena.
Carloforte è l'unica località ad avere le tonnare volanti che restano calate in acqua da maggio ad agosto, un'antica tradizione a cui assistono tutt'oggi migliaia di spettatori, anche se le cose sono drasticamente cambiate grazie agli ambientalisti. Praticamente c'è un sistema di enormi reti in cui i tonni rossi vengono intercettati durante la loro migrazione dall'Atlantico alle coste del Nord Africa, dove si riproducono.
I tonni passano di rete in rete fino alla rete finale, chimata "camera della morte" dove con l'acqua bassa, i tonni erano talmente tanti ed ammassati che si dibattevano e ferivano tra di loro come impazziti e alla fine venivano uccisi e issati sulle barche, pronti per essere lavorati ed inscatolati negli stabilitimenti carlofortini ed esportati in tutto il mondo. Questa attività era la più importante per l'economia dell'isola ma era anche una vera e propria mattanza, una scena crudele in cui il mare si tingeva di rosso.
Oggi non avviene più la mattanza: i tonni dalla "camera della morte" vengono semplicemente fatti passare in un'enorme gabbia per essere trasportati a Malta, dove vengono poi rivenduti interi e senza ferite al Giappone, che ormai ha comprato tutte le quote di tonno rosso.
I tonni, se troppo piccoli vengono liberati a Carloforte in mare aperto, mentre se si feriscono o muoiono durante i passaggi da una rete all'altra restano a Carloforte, dove quindi vengono macellati e inscatolati, ma le quantità sono esigue nonostante l'altissima qualità del tonno, situazione che ha portato ovviamente a chiudere tante industrie e quindi a tanta disoccupazione e, di conseguenza, migrazione della popolazione.
Altre attività antiche e ormai in disuso di Carloforte erano la costruzione navale e l'estrazione della galena. Tutt'oggi sull'isola esiste un solo maestro d'ascia, ovvero colui che sa progettare e costruire a mano le barche alla maniera antica, ed ha solo suo figlio per tramandare il mestiere.
Invece, la galena era estratta ed esportata per la costruzione delle radio a galena e, visto che la tecnologia è avanzata, oggi la galena non viene più estratta.
Ci sono tante storie legate a Carloforte, molte parlano di incursioni e schiavitù ad opera dei popoli del nord africa, ma la più famosa è quella che parla di quando i barbari del rais Mohamed Rumeli rapirono 933 persone e le ridussero in schiavitù per cinque anni nel nord dell'Africa. Uno dei prigionieri trovò su una spiaggia africana la statua in legno di una madonna, chiamata successivamente Madonna dello Schiavo, poichè si pensa che grazie ad un suo miracolo fu possibile la liberazione degli schiavi ad opera di Napoleone. Tutt'oggi i carlofortini sono molto devoti alla Madonna delle Schiavo tanto da festeggiarla come seconda patrona e in molti sono a chiamare Schiavina le figlie femmine.
Nonostante la storia di Carloforte sia composta da pochi secoli, ha tanto da raccontare e si vede che la gente è orgogliosa di esserci nata e di viverci. E' un paesino tenuto bene, che oggi vive soprattutto di turismo. L'isola è ben collegata con i traghetti che passano quasi ogni ora.
E' brutto sapere che l'economia di Carloforte non si basa più su attività antiche: tanti disoccupati a causa della chiusura degli stabilimenti di lavorazione e inscatolamento del tonno e poche persone che conoscono l'arte della costruzione navale. Le spiagge son ben segnalate ma i monumenti e i punti di interesse culturali, tra cui il museo, è poco segnalato e ci si mette un pò per trovarlo.
Sicuramente chi ama il mare troverà molte spiagge in cui fare il bagno, ma consiglio di dedicarsi alla visita dei luoghi di interesse culturali. Il museo civica merita sicuramente per conoscere l'interessantissima storia di Carloforte. Il traghetto non costa tanto, con l'auto e in due adulti abbiamo speso circa 40 euro in andata da Calasetta e con ritorno a Villavesme.