Sarule è un paesino abbarbicato tra i monti della Barbagia, ci si arriva dopo tante curve e tornanti. Siamo arrivati a mezzo giorno circa e abbiamo girovagato tra le cortes apertas (case aperte) organizzate per l'evento "Autunno in Barbagia". Sarule è famoso per i tappeti sarulesi, che hanno una trama particolare e sono decorati con disegni geometrici, e per la poesia A Diosa (più conosciuta con il nome di No potho reposare), scritta dall'avvocato sarulese Salvatore Sini che è diventata una delle canzoni simbolo della Sardegna grazie al compositore Giuseppe Rachel nel 1920, il testo è commovente e parla di un fortissimo amore.
Ad accorglierci all'ingresso di Sarule e a guidarci per le strade c'era un profumo variegato e goloso, un mix di tutto ciò che si poteva mangiare tra le viuzze di Sarule: arrosto di pecora, ghattas ovvero frittelle dolci e salate, fregola al sugo, pane appena sfornato, torrone e dolciumi, salumi e formaggi, pane carasau condito con sugo e formaggio e dolci tipici fatti con il miele e le conserve di fichi d'india.
Sparsi per le vie sono visibili degli enormi murales rappresentanti attività quotidiante e soggetti vestiti con gli abiti tipici antichi: uomini a cavallo, donne che chiacchierano sull'uscio di casa, persone intente nella lavorazione della pelle, tappeti sarulesi, uomini in maschera, il testo della poesia A Diosa affiancata dal ritratto del suo scrittore, l'avvocato Salvatore Sini.
Le cortes apertas erano curate in ogni minimo dettaglio ed ognuna era dedicata ad un tema, con le degustazioni e la possibilità di acquistare gli oggetti esposti, tutti artigianali, tipici e moderni.
Quindi siamo passati dai coltelli sardi agli oggetti fatti in pasta di pane porcellanata; dalla spiegazione della cardatura della lana a quella della preparazione dei dolci tipici sarulesi fatti con il miele e le conserve (tutto biologico sin dall'antichità senza il bisogno di seguire la moda del momento); passando per le tegole e le bottiglie decorate artisticamente con tecniche moderne agli utensili antichi e gli oggetti in sughero; dai ninnoli e gioielli in vetro a quelli fatti in legno o in ceramica decorata con la pavoncella sarda.
In molte cortes apertas c'erano dei musei, uno interamente dedicato alla poesia A Diosa, mentre in altri erano esposti i quadri di artisti e fotografi del posto.
Gli stend e le cortes in cui era possibile comprare cibo erano affollatissime e alla fine abbiamo trovato un posticino a sedere dove si poteva mangiare la fregola che era buonissima e ben condita con un sugo di pomodoro e carne, purtroppo volevo assaggiare anche il pistiddu, dolcetto di sfoglia morbida farcito con marmellata di fichi d'india, ma erano completamente finiti a metà giornata.
Insomma, tante cose da vedere e degustare per capire meglio le tradizioni sarde e, in particolare, gli usi, i costumi e la cucina della Barbagia.
Sulla SS 129 che collega Macomer a Nuoro, dopo 7 km circa si arriva al nuraghe e alla Chiesa di Santa Sabina, il complesso archeologico rientra nella zona della Piana di Silanus, nella provincia di Nuoro.
All'ingresso c'è un cartello che vieta l'ingresso a chi è sprovvisto di biglietto, ma noi non abbiamo trovato nessuno alla biglietteria e siamo entrati ugualmente, probabilmente si tratta di un cartello vecchio o non valido in alcuni giorni/periodi dell'anno. Da visitare c'è il nuraghe, la chiesa e una costruzione che ospita fotografie di altri complessi archeologici della zona.
Il nuraghe è imponente e ben conservato per oltre la metà dell'altezza, i suoi mattoni sono ancora perfetti nonostante l'esposizione al passare del tempo e agli agenti atmosferici. E' visitabile anche all'interno ed è stata la prima volta che sono potutata entrare in una di queste antiche strutture. All'ingresso del nuraghe ci sono due rientranze, una cieca e l'altra con una scala che conduce alla parte superiore che è completamente mancante mentre al centro del nuraghe c'è un'enorme stanza circolare con tre nicchie abbastanza profonde sui lati non occupati dalla direzione della porta.
Il soffitto è a cupola ed è impressionante come la struttura, risalente al 1600-1000 a.C., si sia ben conservata fino ad oggi.
La chiesa dedicata a Santa Sabina, invece, ha origini medievali ed è possibile così capire l'importanza di luogo sacrale attribuito alla zona con il passare delle epoche.
La struttura, esternamente, è abbastanza articolata ed è costituita da tre corpi, mentre l'interno è molto luminoso ed è decorato in maniera semplice con le pareti lasciate a mattoni a vista e arredata con le poche statue, qualche vaso di fiori e le scarne panche in legno.
Mi è piaciuto il calore dell'accoglienza sarulese e la loro spiccata ospitalità nell'aprire la porta di casa a questa manifestazione e, soprattutto, fare entrare degli sconosciuti. Le persone erano preparatissime e rispondevano a qualsiasi domanda. Impagabile, inoltre, l'esperienza di poter entrare in un nuraghe; ciò è stato possibile per l'ottimo stato di conservazione dello stesso.
Il fatto che i dolci erano pochi e non è stato possibile assaggiarli nelle varie cortes apertas poichè a Sarule non si aspettavano un'affluenza del genere. Ma è stata anche colpa nostra che siamo arrivati tardi. La nota negativa è rappresentata dai prezzi di alcuni oggetti o prodotti gastronomici che direi molto esagerati.
Il consiglio più importante è quello di cercare di arrivare non troppo tardi a queste manifestazioni per non rischiare file enormi per mangiare ed il caos nelle visite nelle case. Per il resto è anche utile girare con una bottiglietta d'acqua in borsa perché i paesini sono spesso in salita e c'è tanto da camminare e visitare. Il prezzo indicato è relativo: dipende da cosa comprate da mangiare o come souvenir, quindi si può spendere anche pochissimo.