Il giorno della partenza, ci siamo messi in moto verso le 10. L’albergo che avevamo trovato online, sopratutto perchè pet friendly (visto che all’inizio, avremmo duvuto portare con noi anche il mio cane) e dotato di piscina e spa, si trovava a Beuzeville, una piccola cittadina a qualche chilometro da Honfleur. Il viaggio in macchina, partendo dalla periferia di Parigi, ha occupato più o meno tre ore del nostro tempo, pause con caffè annacquato e temporale inclusi.
Una volta giunti a destinazione, intorno alle 14h, scopriamo che la porta del nostro hotel è chiusa a chiave, nonostante sulla placchetta fosse specificato che sarebbe stata aperta dalle 8 alle 20, senza interruzioni. Proviamo a suonare il campanello più volte senza successo. Nessuna risposta. Dopo il terzo tentativo, e un’osservazione sul provare ad essere “più flessibile” da parte del mio compagno di viaggio, visto che iniziavo a spazientirmi, decidiamo di fare un giro per esplorare il paesino e di tornare verso le 15.
Quando ci stavamo apprestando ad andare, un signore, con aria non molto disponibile e accogliente, apre il portone e, dopo e averci detto “buongiorno”, aggiunge “il check-in è a partire dalle 15”. Nonostante la mia faccia contrariata e il mio obiettare che saremmo volentieri tornati alle 15 per non disturbare ulteriormente, abbiamo potuto effettuare la registrazione alle 14.40 e avere la nostra camera. Ed è proprio durante il check-in che il proprietario ci dice che dobbiamo decidere subito se avremmo voluto far colazione l’indomani (offerta che abbiamo declinato senza esitare, visto come ci era stata proposta) e che avremmo dovuto presentarci per la spa che avevamo prenotato per le 17 del giorno stesso con almeno 15 minuti di anticipo.
Nemmeno il tempo di salire in camera e rinfrescarci che si era già fatta l’ora di presentarsi al nostro appuntamento, soprattutto per evitare commenti pungenti da parte del simpatico gestore dell’hotel, che sembrava nato per lavorare a contatto con il pubblico. Dopo avermi “gentilmente” invitata a raggiungere gli spogliatoi per spiegare al mio compagno di viaggio il funzionamento della Jacuzzi, eccoci finalmente in sauna a goderci il caldo tepore e il profumo del legno bollente per poi sprofondare tra mille bollicine con luci soffuse che andavano dal blu al viola. Sapevamo che avremmo perso un po’ la cognizione del tempo ma che “lui” non avrebbe fatto altrettanto e temevamo che, da un momento all’altro, la sua testa avrebbe fatto capolino dall’oblò sulla porta che separava la spa dallo spazio piscina. Per questo, decidiamo di uscire con alcuni minuti di anticipo per spostarci in piscina dove saremmo rimasti fino alla chiusura prima di preparaci per cena.
La sera, nonostante la stanchezza, decidiamo di fare un giro in centro. Il paesino è davvero minuscolo e, credo a causa del periodo (fine agosto) quasi interamente deserto.
Bighellonando per le stradine del centro, passiamo per il manoir, situato proprio davanti al nostro hotel, dietro al comune di Beuzeville, la chiesa Saint-Hélier, con il suo campanile, andato a fuoco un paio di volte nel corso degli anni a causa dei fulmini, e la sua fontana non più funzionante.
Per soddisfare il nostro languirino, visto che non toccavamo cibo da un po’, ci dirigiamo verso uno dei tre locali aperti in paese: un piccolissimo ristorante di “specialità italiane” del quale non ricordo più nemmeno il nome. Alla fine, decidiamo di ordinare un tagliere e delle bruschette, accompagnati da delle birre fresche che ci stanno sempre bene e, nonostante le bruschette non fossero davvero “all’italiana”, la simpatia della signora che gestiva il posto insieme al figlio e la loro gentilezza ci ha fatto apprezzare la semplicità di questa serata ancora di più.
Non abbiamo fatto e visto granché durante il nostro primo giorno ma il tempo è davvero volato… ed è, forse, quello che conta di più.
Il primo risveglio in Normandia è stato piuttosto "fresco". Quando avevamo deciso di partire, la nostra idea era quella di affondare i piedi nella sabbia e di vedere il mare. Diciamo che il meteo, nonostante fosse il 25 agosto, non era proprio d’accordissimo con noi ma che, nonostante questo, armati di felpe e sciarpe, e con i nostri fedeli short, dopo aver preso un caffè al bar della piazza antistante l’hotel e aver comprato al panificio all’angolo il necessario per mangiare in spiaggia, ci siamo messi in cammino per raggiungere la "plage du Butin" a Honfleur.
Dopo una ventina di minuti di macchina, e innumerevoli mandrie di mucche avvistate lungo il percorso, eccoci nel parcheggio di Honfleur, con il lungo percorso che conduce alla spiaggia. Spinti dal vento, letteralmente, e passeggiando per il Jardin des Personnalités, il parco che collega la spiaggia al centro città, eccoci finalmente con i piedi nella sabbia, anche se non calda, della “plage du butin”.
Seguendo il richiamo tribale e esotico di alcuni tam tam in lontananza, camminiamo per un po' prima di decidere di fermarci in una piccola insenatura che pensavamo essere abbastanza protetta dal vento che, una volta che il sole si lasciava coprire dalle nuvole di passaggio, diventava spiacevolmente freddo.
Il ricordo che ho di quella mattina resta, comunque, bello. Tra un morso ad un panino, un abbraccio e una tarte normande, la missione dei piedi sulla sabbia era comunque andata a buon fine e potevamo raggiungere il centro città, infreddoliti ma di buonumore, non prima di aver scattato una foto davanti al famosissimo Pont de Normandie.
Un’amica comune, sapendo della nostra partenza, ci aveva suggerito di visitare la “maison Satie”, un museo che invita il suo pubblico, tramite un allestimento scenografico audio guidato, a viaggiare nell’universo di Erik Satie, compositore e pianista avanguardista, nato proprio ad Honfleur. Ne avevamo parlato durante il nostro viaggio in macchina, ma nessuno dei due ci aveva più pensato.
Bighellonare in giro per la città bastava. Avevamo il tempo per perderci nel tempo, senza fretta, senza imperativi, facendo quello che ci andava. Che per me è il senso vero di una vacanza, poco importa la durata. Vacanza intesa come prendersi una pausa dalla vita di tutti i giorni, staccando la spina, prendendosi il tempo senza stare attenti a quanto ne sta passando, facendo una determinata attività o non facendone nessuna. Semplicemente godendosi il momento presente.
E così, passeggiando, incappiamo per caso nella “maison Satie” e, in meno di un attimo, trascinata dalla mano del mio compagno di viaggio, mi ritrovo in un modo parallelo, surreale, quasi magico, dove la musica dodecafonica e gli esperimenti del compositore occupano la scena e dove ci si ritrova in una stanza interamente bianca nella quale i tasti di un pianoforte si muovono da soli, deliziando i visitatori con la Gymnopedie n.1, per passare un attimo dopo ad un’altra sala nella quale si può salire su di un gigantesco carrousel, dove pedalando si “crea della musica” avendo la sensazione di tornare bambini, per ritrovarsi, un attimo dopo ancora in una sala cabaret, stile Chat Noir, con una proiezione di un cortometraggio. Non saprei dire esattamente quanto tempo sia durata la nostra visita. Nessuno dei due ha mai guardato l’ora. Personalmente, credo di non averlo fatto per l’intera durata del week-end…
Una volta tornati per le stradine di Honfleur, continuiamo la nostra passeggiata tra case di legno, a graticcio, più o meno colorate e poi case di pietra, angoli fioriti e le divertenti insegne dei negozi di artigianato che offtono ai turisti amanti della fotografia mille scorci meritevoli di essere fissati in uno scatto. Mentre qualche gocciolina di pioggia fa capolino di tanto in tanto, lasciamo che la nostra attenzione venga catturata da una vetrina con dei cookies enormi. Mentre io tentenno per un attimo, incerta se entrare o meno, la mano del mio compagno di viaggio mi trascina dentro e, dopo pochi minuti, usciamo da lì con un dolce di tipo orientale, di sfoglia croccante con miele e pistacchio, e con il mio cookie gigante.
Il meteo è stato piuttosto clemente e questo ci fa propendere per il rimanere ad Honfleur anche la sera, senza fare ritorno a Beuzeville per una sosta. Decidiamo di bere un bicchiere di sidro seduti ad una delle tante terrazze del Vieux Bassin, luogo emblematico della città, pieno di ristoranti, bar e terrazze che attraggono numerosi turisti, desiderosi di impregnarsi dello charme di questa seducente cittadina, e poi di spostarci al Phare de l’Hôpital, il faro di Honfleur, per sederci accoccolati in un abbraccio su di una panchina per ammirare un tramonto che, a dispetto del fatto che il cielo sia nuvoloso, o forse anche per quello, è davvero unico.
Visto che i nostri stomaci iniziano a brontolare, ci sciogliamo dal caldo abbraccio e risaliamo rue Haute per riguadagnare il centro cittadino e cenare a “La Cidrerie”, un piccolo ristorante dal decoro insolito e caloroso dove gustiamo delle ottime “galettes”, accompagnate da una birra eco responsabile, “Pain de Minuit”, preparata a partire dal pane secco invenduto dei partner del brand.
Non potevamo certo farci mancare il dolce, anche se siamo stati bravi e ne abbiamo smezzato uno. Come dessert, abbiamo ordinato un galichot al caramello salato, una creazione dello stesso ristorante, a base di farina di segale e frumento, con una consistenza a metà tra un blinis e un pancake, accompagnato da un bicchiere di sidro rosé.
Ancora una passeggiata stretti in un abbraccio per le “fresche” vie di Honfleur per recuperare la macchina rimasta ad aspettarci al parcheggio vicino al faro da dove abbiamo guardato il tramonto, per chiacchierare ancora un po’, fermarci alla finestra dei pub per ascoltare della musica live, giocare a prenderci in giro e ridere, di noi con noi, come ci riesce bene, e per respirare gli ultimi momenti di questa bella giornata nella quale ci siamo regalati attimi di vita che, in fondo, sono quelli che rimangono impressi nella memoria e che creano i ricordi.
L’ultimo giorno del nostro weekend fuori porta inizia con il “simpatico” gestore dell’hotel nel quale soggiorniamo che, bussando con veemenza alla porta della nostra stanza, prima dell’ora prevista per il check out, ci invita ad uscire. Nonostante, i nostri sguardi sgomenti per il modo di fare piuttosto inconsueto di quest’uomo dall’aria un po’ burbera, decidiamo di non farci molto caso e di approfittare del fatto di essere già pronti per spostarci ad Honfleur con un po’ di anticipo.
Dopo aver convinto il mio compagno di viaggio a prendere il volante, perché mi ero messa in testa di fotografare una delle mandrie di mucche avvistate il giorno prima, eccoci di nuovo in marcia per Honfleur che, ho letto da qualche parte, è considerata come una delle città più romantiche d’Europa, ideale per un weekend tra innamorati.
Quella mattina, comunque, faceva freddo e il tempo era davvero grigio. Questo non ci impedisce di fare un giro in centro dove, lo avevamo letto il giorno prima, si svolge ogni sabato mattina il mercato settimanale.
Passando per la église Sainte-Catherine, passeggiando tra le numerose e colorate bancarelle e fermandoci a comprare alcuni prodotti locali e qualche “golosità” (visto che ero invitata gentilmente, ma con decisione, o “decisività” che dir si voglia, dalla mano che tenevo nella mia, a fermarmi ogni qualvolta ci trovassimo di fronte ad una vetrina di un artisan chocolatier), il nostro bighellonare ci ha condotti nuovamente al Vieux Bassin, quasi completamente racchiuso da edifici storici.
Oggi è un porto turistico dove sono ancorate decine di imbarcazioni, velieri perfettamente restaurati e qualche vecchio brigantino, mentre nel passato aveva anche una funzione militare. All’imbocco del bacino c’è un edificio particolare, la Lieutenance, parte delle fortificazioni erette nel XIV secolo e dove, nella parte superiore, venne ricavata la dimora del governatore della città e luogotenente del Re.
La speranza che il meteo fosse clemente con noi per il nostro arrivederci alla città svanisce quando, mentre ci accingiamo a scattare un selfie con lo sfondo del Vieux Bassin, qualche goccia di pioggia inizia a venire giù da un cielo che diventa, a mano a mano, sempre più grigio.
Si è comunque fatta ora di pranzo e adesso sembra davvero un’ottima idea quella di entrare da qualche parte, al riparo dalla pioggia, per mettere un boccone sotto i denti. Una conoscenza comune ci aveva consigliato di provare Villa Gipsy, un concept store che unisce al suo interno un coffee shop e un negozio di decorazioni per la casa. Tuttavia, la proposta culinaria del coffee shop al nostro arrivo non offriva granché e decidiamo quindi, di camminare ancora un po’ per vedere se qualcos’altro avrebbe potuto catturare l’attenzione di entrambi.
Incappiamo, così, quasi per caso, ne “La Maison du Tripot, un ristorante dall'aria cozy e familiare, con cucina in bella vista e piatti fatti in casa preparati sul momento, dove gustiamo un ottimo brunch (o "colapranzo", che dir si voglia), prima di recuperare l'auto e metterci in cammino per ritornare a Parigi.
Honfleur non è una città molto grande ma nemmeno piccolissima. Sono necessari almeno due giorni per visitarla interamente. Il Vieux Bassin, luogo quasi completamente racchiuso da edifici storici, il Phare de l'Hôpital e le stradine colorate di questa seducente cittadina, con le sue case di legno, a graticcio, più o meno colorate e poi case di pietra, angoli fioriti e le divertenti insegne dei negozi di artigianato: per l'architettura e l'atmosfera merita sicuramente una sosta.
La cosa che mi è piaciuta meno è che il meteo non è stato proprio clemente, nonostante la visita della città si sia svolta ad agosto. Purtroppo, le nostre passeggiate alla scoperta di questa pittoresca cittadina, sono state accompagnate da pioggia, vento e freddo... Ma, nonostante questo, ne conserverò per sempre un bel ricordo...
Honfleur, una delle città marinare più incantevoli della Normandia, sorge alle porte del Pays d'Auge e della Côte Fleurie, a circa due ore e mezza di auto da Parigi. Passeggiando tra le sue pittoresche stradine, con le divertenti insegne dei negozi di artigianato e le sue antiche abitazioni di legno, a graticcio, più o meno colorate, vi sembrerà di tornare indietro nel tempo.